Velata. Hijab, sport e autodeterminazione
Un libro scritto da me e un premio speciale per Goleadora – il nostro podcast sul calcio femminile
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Eccoci qui a Zarina e oggi iniziamo con un moto di orgoglio. GOLEADORA – il podcast di Zarina sul calcio femminile parlato da me ed Elena Marinelli – ha vinto il primo premio come “miglior podcast sportivo” al premio italiano @ilPod – Italian Podcast Awards.
Ecco una prova!
Finalmente posso dire di aver esordito anche io. Da qualche giorno Velata è in forma cartacea e ho già visto le prime foto su Insta. La sua copertina forse già hai avuto modo di vederla, ma oggi sono qui per farti sbirciare come è fatta dentro.
È possibile acquistare il testo in libreria, direttamente sulla pagina della Casa Editrice oppure sul BigCartel di Zarina che vi lascio appositamente qui
Velata racconta le storie di quattro atlete musulmane che hanno una storia sportiva incredibile e che prima o dopo si sono dovute incontrare in maniera importante con la questione della loro religione prima di poter arrivare a gareggiare ufficialmente.
Ovviamente le storie di Ramla Ali, Asma Elbadawi, Khalida Popal e Hasnaa Bouyij non hanno nessuna pretesa di essere esaustive su una questione ampia e molto articolata che non si può certo risolvere con le 140 pagine di un saggio. Velata è da considerarsi più come un punto di partenza per una riflessione che ha anche a che fare con la realtà dei quasi 3 milioni di persone musulmane che vivono in Italia e che, per ovvii e molto diversificati motivi, hanno difficoltà ad accedere ai livelli più alti nel mondo dello sport. Il testo è impreziosito dalla prefazione di Sumaya Abdel Qader, sociologa ed esperta in diversità e inclusione che ha scritto Porto il velo e adoro i Queen (Sonzogno, 2008) e Quello che abbiamo in testa (Mondadori, 2019).
Grazie alla concessione di Ilaria Leccardi, l’editrice di Capovolte Edizioni, ho la possibilità di condividere con voi un estratto dal capitolo di Velata che prende il nome di “Mashallah. Ramla Ali” e che è nato da una riflessione iniziata quasi due anni fa su un pezzo da me pubblicato su l’Ultimo Uomo.
Ecco qui l’estratto.
***
Mashallah. Ramla Ali
Lo slogan di una nota campagna di shampoo di cui Ramla Ali è testimonial recita: “My hair represents everything I’ve overcome to be who I am today”. È un peccato che la frase non sia particolarmente originale, ma è anche vero che è molto difficile riuscire a sintetizzare in uno slogan scritto a tavolino tutte le antitesi che trovano armonia dentro al corpo sportivo di questa pugile peso piuma. E parlo di antitesi perché per una donna come Ramla Ali essere la testimonial di uno shampoo, e cioè mettere in prima linea i propri i capelli, è una scelta politica e insieme una libertà che non le erano toccate per nascita.
Per nascita le era toccata una città in cui era in atto una guerra civile, una città da cui era fuggita insieme alla famiglia dopo che lo scoppio di una granata le aveva portato via uno dei suoi fratelli maggiori. Arrivare a Londra aveva significato trovare un equilibro fra la città nuova ed europea e l’identità che invece era arrivata con lei da Mogadiscio. In Inghilterra Ramla frequenta la scuola coranica una volta a settimana e si abbiglia in maniera modesta. Indossa un hijab, studia il Corano e rispetta la sua famiglia secondo i valori culturali che le sono stati insegnati.
Per le bambine e le donne musulmane il corpo è il supporto su cui si può leggere immediatamente il rapporto con la fede. Indossare l’hijab è un elemento che le posiziona chiaramente nel discorso religioso e politico e ne svela caratteristiche pubbliche e private in un colpo solo. Chi indossa l’hijab è subito reperibile all’interno di una folla oppure ai lati di una strada e infastidire una donna che cammina da sola o in gruppo non ha mai rap- presentato una grossa difficoltà per chi lo volesse.
In un pomeriggio di settembre Ramla è poco più che una bambina e sta tornando a casa dalla scuola coranica. La strada di West Ham, il quartiere di Londra in cui vive con la sua famiglia, è affollata. Ramla si nasconde nel brusio e cerca di raggiungere casa il più in fretta possibile. In quella folla pensa di essere anonima, non la vede nessuno; ma quando due ragazzini in bicicletta le sbarrano la strada Ramla si rende subito conto che è proprio lei quella che stanno cercando.
Uno dei due ragazzini scende dalla bicicletta e si avvicina, prende fra le dita il suo hijab e lo tira via con violenza. Lo butta a terra e la deride. Di tutto quello che sta accadendo Ramla non capisce il significato, dirà a posteriori. Ma ancor meno capisce quelle risate poiché, dacché è arrivata in Inghilterra, l’hijab per lei è sempre stato una fonte di orgoglio. La sua madrepatria ormai è un luogo di cui ha solo ricordi nella memoria e di cui si leggono le tracce addosso nel colore della sua pelle e nel capo coperto. Quando il ragazzino monta in bicicletta e scompare insieme all’amico, Ramla Ali inizia a esperire che per una bambina come lei, Nera e musulmana, difendersi, essere resiliente, paziente e usare il silenzio a proprio vantaggio saranno le quattro regole auree che la porteranno a ripensare a quel momento con una vaga malinconia, ma soprattutto con un inatteso senso di gratitudine.
Promuovere uno shampoo è quindi una rivoluzione, perché nella società in cui Ali è nata le donne i capelli li devono coprire. E invece lei guarda dritto in camera con lo sguardo di s da e la chioma leonina talmente voluminosa da non starci nemmeno tutta nell’inquadratura.
Recentemente è diventata testimonial di una nota maison d’abbigliamento francese e le copertine dei magazine patinati in cui compare in una posa che è un cross-over fra la scuola classica di portamento e i movimenti della boxe, ormai non si contano più.
Per capire Ramla Ali è necessario confrontarsi con i luoghi di confine; soprattutto quei luoghi che nella norma non sembrerebbero nemmeno poter essere attigui. La carriera di modella e quella da pugile professionista, la donna musulmana che si sposa in moschea ma con un uomo inglese. La donna che sale sul ring con le braccia e le gambe scoperte e che poi inizia un post su Instagram con l’augurio Mashallah.
E la ricorsività con cui Ramla è presente su una copertina di un magazine oppure in una campagna pubblicitaria sembra superare il concetto classico dell’atleta chiusa dentro una palestra. L’ipotesi dell’abnegazione come unica via di successo si azzera e, anzi, attraverso di lei è possibile scorgere una nuova prospettiva in cui lo sport non solo non si risolve in se stesso ma necessita di altri addendi per arrivare dove prima non era arrivata nessuna. È una questione di identità multiple che si rispecchiano le une nelle altre e aumentano rispettivamente la loro lucentezza; ma è anche una questione di denaro, un aspetto di cui si parla sempre molto poco, ma che è fondamentale per la prestazione che poi serve per vincere le medaglie.
Ed è interessante come la carriera di modella e pugile professionista basata su un impiego del corpo differenziato, a volte contraddittorio, certe altre complementare, non l’abbia ancora redenta dal parlare della sé bambina in sovrappeso. Quella bambina in sovrappeso che un giorno di settembre è stata fermata per strada e maltrattata da due coetanei, umiliata anche nella sua persona sica e nel suo credo religioso, torna come un refrain in quasi ogni intervista. Si ha la sensazione che con ogni vittoria piccola o grande, Ramla stia riscattando quella bambina dal dolore di essere diversa rispetto alle altre. Più in carne, più coperta, più introversa.
Ed è persino possibile che senza l’atto violento di svelare questo corpo e di mostrarlo nella sua interezza, oggi noi non conosceremmo la pugile somala che ha il nome di Ramla Ali.
[Continua qui]
Incontriamoci
Salone del Libro Torino, mercoledì 19 maggio, ore 11:00 Sala Olimpica: panel “Calcio femminile, difficoltà e conquiste” presento il libro “Jo la fuoriclasse” di e con Martina Wildner ed edito da La Nuova Frontiera
Salone del Libro Torino, mercoledì 19 maggio, ore 16:30 Sala Olimpica: Giorgia Bernardini in dialogo con Sumaya Abdel Qader presentano “Velata. Hijab, sport e autodeterminazione”
Allianz Stadium Torino, sabato 21 maggio, ore 19:00 Finale Champions League: Barcelona VS Olympique Lyon.
Giove Women Strenght Games Terni, sabato 28 maggio, ore 14:00 Impianti Sportivi: Presentazione di “Velata, Hijab, sport e autodeterminazione”.
Per oggi è tutto da Zarina. Torniamo la settimana prossima.
Intanto se hai domande o feedback o mi vuoi invitare a parlare di Velata da qualche parte (internet, libreria, festival, palestra, scuola o sagra), scrivimi pure a giorgia@zarinanewsletter.it
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Ciao e ricorda che #siamotutt*Zarina
PS: l’immagine di copertina di Ramla Ali appartiene a Dior
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