Quattro domande sullo scrivere di sport femminile
Questa settimana mi è arrivata una mail in cui mi si chiedeva se ho fatto un master in giornalismo sportivo. Ho detto la verità: no. Ma poi ho anche articolato la risposta.
Io sono Giorgia Bernardini e scrivo (anche) di sport femminile soprattutto su l’Ultimo Uomo e Internazionale Kids. Mi trovi su Instagram e se ti va di leggere qualcosa di lungo ed articolato sullo sport femminile “Velata” edito da Capovolte Edizioni e scritto da me può fare al caso tuo. Se il calcio femminile è una delle tue passioni o vuoi che lo diventi, mi puoi anche ascoltare su GOLEADORA, il podcast sul calcio femminile che condivido e parlo con Elena Marinelli.
Ed eccoci qui. Qualche giorno fa mi è arrivata una mail di una ragazza inglese che frequenta un corso di italiano. Nel messaggio mi diceva che è arrivata in quel momento della vita in cui si sta chiedendo cosa fare dopo il bachelor (laurea triennale) e visto che le piace molto il calcio, una delle scelte papabili per la prosecuzione degli studi potrebbe essere un master in giornalismo sportivo oppure in sport management.
Nella mail ci sono alcune domande che hanno a che fare con la scrittura e il giornalismo sportivo, e in sostanza mi è stato chiesto come si arriva a scrivere di sport, quali studi si fanno e se un master in giornalismo possa essere utile o meno alla causa. Ho pensato che rispondere a quattro di queste domande in maniera pubblica potesse essere un buon modo per scambiare qualche idea con voi. Quindi quel che faremo in questo numero di Zarina è: io rispondo alle domande e se voi volete replicare, potete farlo semplicemente rispondendo a questa mail oppure contattandomi sul mio profilo Instagram.
Che studi hai fatto per diventare giornalista?
Doveva essere il 2012 quando ho buttato giù una scena di un racconto. Una ragazza in pantaloncini da allenamento e canotta è dentro l’area piccola di un campo di pallacanestro. Sta spalle a canestro, e dietro di lei c’è una sedia su cui è seduto un uomo in polo e pantaloni della tuta che la osserva. Le natiche della ragazza sono all’altezza del naso dell’uomo, che è il suo allenatore. La ragazza, che ha una lunga treccia di capelli spessa come una corda che le ricade sulla spalla, tiene la palla in mano ed è in procinto di esercitare il movimento della virata sotto canestro. Esegue il movimento. E l’allenatore le corregge il modo in cui deve far slittare la gamba, “riprova”, le dice. E lei ripete il movimento facendo ben attenzione a seguire i suoi consigli, ma anche a tenere le natiche sempre ben di fronte al suo volto. È da questa scena che è iniziato tutto, e non da un master in giornalismo. Poi mi ci è voluto un po’ per capire la relazione fra questi due personaggi, e a capire che questa ragazza sarebbe diventata prima la protagonista di un racconto e poi di un romanzo incentrato sullo sport. E lo sport ovviamente è la pallacanestro.
È mentre scrivevo questo romanzo che per varie ragioni mi sono messa a cercare articoli sullo sport femminile in Italia. Era il 2012. Poi il 2016. Poi il 2018. Poi il 2020. E ogni volta che cercavo informazioni su storie sportive legate alle atlete non trovavo mai niente in lingua italiana. Quando ho finito di lavorare a quel testo mi sono detta: forse questa cosa la posso fare io, posso mettermi io a studiare il basket e a raccontarlo, e da lì è nata l’idea di una newsletter sul basket femminile, che poi (grazie al consiglio di una amica) si è trasformata in una newsletter sullo sport femminile.
Quello che mi ero proposta era di raccontare lo sport in una forma di newsletter perché intorno al 2019 stavano nascendo un sacco di newsletter molto belle, riflettute, con molto studio dietro, con un approccio che alla fine mi dava un senso di completezza e mi faceva venire voglia a mia volta di studiare. Avrei portato tutte queste cose nella narrazione dello sport, mi ero detta, e così sono partita senza farmi troppe domande.
Quindi, per rispondere alla domanda: no, non ho fatto alcun master in giornalismo. E non sono nemmeno iscritta all’albo, e di conseguenza non sono una giornalista. Anche se dopo la mia laurea in Archeologia Classica avrei voluto iscrivermi ad un master in giornalismo e non ho avuto la possibilità di farlo. Ma dopo la mia laurea specialistica ho persino pensato di iscrivermi alla scuola Holden o ad almeno due scuole di fotografia a Berlino, oppure fare un corso di formazione in Germania per diventare una libraia. Alla fine non ho fatto niente di tutto questo.
Dal momento che i miei mezzi erano limitati e non avevo la benché minima voglia di fare un dottorato in Archeologia Classica a Monaco di Baviera, dopo l’università sono andata subito a lavorare come cameriera e ho semplicemente continuato a scrivere. Ho scritto di tutto e ad ogni orario, soprattutto la mattina dalle 6 alle 8 prima di andare a lavoro o nel fine settimana.
Ebbene, non so se questo sia il metodo migliore per scrivere di sport, ma è sicuramente un metodo possibile per arrivare a farlo. E fra l’altro, di tutte le persone che conosco e che scrivono di sport e a mio parere lo fanno in modo magnifico, quasi nessuna di queste ha mai frequentato un master di giornalismo né tantomeno di giornalismo sportivo.
Pensi che un master in giornalismo o media sia essenziale?
Non penso che sia essenziale, ma penso che possa essere utile per capire e conoscere meglio certe dinamiche oppure, più semplicemente per leggere di più o scrivere di più, per provare diversi metodi e cercare una voce senza rischiare di perdere niente per questo. Detto questo, si può scrivere di sport anche senza un master in giornalismo, a meno che non si voglia andare a lavorare in una classica redazione di un quotidiano, e allora lì credo che quella sia una conditio sine qua non.
Hai iniziato a scrivere di calcio femminile subito o maschile prima?
Ho scritto da subito di sport femminile. Ma questa è una mia scelta, nessuno mi ha mai imposto un veto. Nessuno mi ha mai detto: sai di sport femminile quindi non puoi scrivere di calcio maschile. La cosa per me si è sviluppata così perché io per prima ho risposto ad un mio bisogno, ad una mia necessità di lettrice che qualche anno fa (adesso le cose stanno lentamente cambiando) non veniva soddisfatta. Detto questo, scrivere di sport femminile comporta tutta una serie di studi specifici e domande necessarie affinché la narrazione possa essere contemporanea. Studi di genere, studi di linguistica (ricordate: portiere o portiera?), e un radar affinatissimo accompagnato da fastidio necessario nei confronti di ogni tipo di narrazione vittimista o piagnona che è un trend tanto amato nella narrazione dello sport femminile in generale.
Hai qualche raccomandazione di lettura per qualcuno che vuole diventare un giornalista sportivo?
Leggere qualsiasi cosa, purché sia di ottima qualità. Seguono solo alcuni – pochissimi – spunti. Per quanto mi riguarda le descrizioni degli alberi fatte da Mario Rigoni Stern in “Arboreto salvatico” non sono meno importanti o necessarie di Open di Andrè Agassi. Poi: tutta la letteratura sportiva esistente, da Jack London ai Sudamericani sul calcio; “Sulla Boxe” di Oates e tutta la trafila (anche se secondo me è un testo che qualche problemuccio sulla visione del pugilato lo dimostra). Ultimo Uomo ogni giorno come il pane quotidiano; la collana Vite Inattese di 66thand2nd; i pezzi sul calcio femminile di The Guardian; la newsletter Feticci degli amici Federico Corona e Tommaso Naccari; Novelz di Elena Marinelli; i pezzi su Maradona di Gianni Montieri; Moving the Goalposts sempre di the Guardian; i long-form allucinanti del New York Times; ascoltare GOLEADORA; seguire tutti ma proprio TUTTI i profili Instagram delle atlete che ci piacciono perché sapere se una atleta è una dog o una cat person oppure se preferisce Balenciaga a MIU MIU alla fine può tornare utile prima o dopo per scrivere un profilo come mai nessuno prima. E poi guardare un sacco di sport, a qualsiasi livello. Non bisogna sottovalutare che scrivere di sport costa il doppio del tempo: prima quello in cui si guarda, e poi quello in cui si racconta.
Articoli e cose belle da recuperare
GOLEADORA, il tuo podcast preferito sul calcio femminile, ha una nuova pagina web tutta sua e se ci dai un’occhiata e ascolti l’ultimo episodio mi fai molto felice (Goleadora.it)
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Uellaaaaaa. Le prime sette giornate di Frauen Bundesliga hanno fatto totalizzare un totale di spettatori maggiore rispetto a quelli dell’intero campionato scorso (Forbes)
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Visto sui social
La campionessa WNBA Kelsey Plum ci spiega per bene che cosa intende lei alla voce “compenso adeguato” (c’è anche un video, basta swipare dal profilo insta)
Momento sbrodolamento: ho esordito su Internazionale Kids con una rubrica mensile sullo sport (Instagram)
Le Azzurre di basket si sono qualificate al Mondiale del 2023 e Jasmine Keys ci fa fare un ripassino di piede perno ed eleganza (Instagram)
E per chi ancora non lo sapesse Zarina è un progetto indipendente che si occupa di sport femminile. È gratuita ed accessibile a tuttx e lo sarà sempre. Se ti va di sostenere quello che viene fatto qui, e il modo in cui viene fatto puoi fare un’offerta su PayPal. Se vuoi mandarci una mail scrivi a giorgia@zarinanewsletter.it.
E infine un pezzo che ho scoperto al C2C e che è necessario condividere
Ebbene, numero breve e molto soggettivo. Noi ci sentiamo presto. Ricordati di condividere Zarina con chi ti piace, e se non lo fai per lo sport, fallo almeno per la musica bella che di tanto in tanto ti facciamo ascoltare.
Ciao Ciao!