#Protesta
La Nazionale di calcio spagnola vuole l'esonero di Jorge Vilda. Quindici giocatrici fanno ammutinamento fino a data da destinarsi.
Iscriviti alla newsletter I Archivio I Sostieni Zarina I Zarina su Instagram I Ascolta GOLEADORA I Compra la shopper di Zarina I
Ciao, sono due mesi almeno che non ci leggiamo. Nel frattempo qui siamo aumentat* ancora e quindi ricomincio dalle basi: io sono Giorgia Bernardini e scrivo (anche) di sport femminile in un po’ di posti. Mi trovi su Instagram e se ti va di leggere qualcosa di lungo ed articolato sullo sport femminile forse “Velata” edito da Capovolte Edizioni e scritto da me può fare al caso tuo.
Uno dei motivi per cui sono stata un po’ assente è che ho trascorso il mese di luglio e agosto in una azienda agricola in Piemonte a lavorare in un orto. Ho imparato a distinguere il verso di una mucca da quello di un asino e ho incamerato qualche informazione su come e quando si piantano i pomodori e quando poi si raccolgono.
Il resto del tempo l’ho passato più o meno in treno in giro per il nord-Italia a presentare Velata a festival e in librerie. L’estate di Velata si è conclusa in bellezza e prosegue con un ottobre in cui ci saranno altri tre incontri.
Ecco qui le date:
8 ottobre alle ore 18:00 a UDINE, Feltrinelli Udine
9 Ottobre alle ore 19:00 a PADOVA, Polisportiva San Precario
23 Ottobre alle ore 19:00 a VARESE, Circolo Quarto Stato
Riprendo quindi le trasmissioni di questa newsletter con il passo leggero di chi ha fatto una lunga pausa estiva. Sarà un anno sportivo molto importante, e fra le altre cose abbiamo due squadre in Champions League (Juventus e Roma) e una coppa del mondo di calcio in arrivo la prossima estate. In mezzo ci saranno nuovi libri da presentare, posti da vedere, partite da condividere. Zarina riparte così, droppando informazioni come se niente fosse e cavalcando subito una delle polemiche calcistiche più importanti dell’anno.
E Golemica sia.
Una per tutte, tutte per una
Breve manuale su come forzare l’esonero di un allenatore
Sono giorni di protesta questi. In Iran le donne protestano per la morte di Mahsa Amini, scendono in piazza e si tagliano i capelli per affermare fra le altre cose che indossare un hijab o non farlo è una scelta personale e non un obbligo imposto dallo Stato. Negli stessi giorni le città italiane si sono riempite di ragazzi e ragazze che hanno camminato pacificamente per segnalare la loro avversione al modo in cui stiamo (non) gestendo una crisi climatica che ha smesso di essere un’idea platonica di giorni in cui non piove ed è diventata un problema effettivo arrivato nelle nostre case: nei campi non si raccoglie, i prezzi di verdura, pane, latte sono diventati spaventosamente alti.
A questo proposito in apertura del numero di Internazionale di questa settimana Giovanni De Mauro porta all’attenzione uno studio di Richard Norman, professore di Filosofia all’Università di Kent, che ha elencato alcune motivazioni per cui la protesta di gruppo può essere una modalità da prendere in considerazione se si vuole mettere in discussione lo status quo, e cambiarlo. Si protesta in gruppo perché ci si rende conto di non essere sol*, perché in questo modo si apre un dibattito ma soprattutto si protesta perché a volte si vince; oppure si vince, ma non nell’immediato. Certe volte per arrivare ad una vittoria bisogna aspettare più di una generazione.
Cosa accade quindi quando una squadra decide di mettere in atto una dinamica di protesta? Secondo quali modalità può una singola atleta co-partecipare ad una causa comune? E cosa succede se una parte della squadra non è d’accordo con la protesta che l’altra parte della squadra vuole sposare? Quello che sta accadendo in queste settimane all’interno dello spogliatoio della Nazionale spagnola fa al caso nostro.
Giovedì 22 settembre quindici calciatrici della Nazionale di calcio spagnola hanno inviato una mail alla Federazione. Tutte, nello stesso momento, hanno premuto invio e hanno recapitato un testo identico ma con una firma diversa:
Vi informo che gli eventi accaduti e la situazione che si è verificata nella Nazionale spagnola, situazione di cui siete a conoscenza, stanno avendo un effetto importante sul mio stato emotivo e, per estensione, sulla mia salute. Come risultato non mi ritengo attualmente in condizione di essere selezionata per la Nazionale e chiedo di non essere convocata fino a quando la situazione non sarà risolta.
Il testo è sempre uguale, ma è la firma che cambia di mail in mail. Questi i nomi delle giocatrici firmatarie: Patri Guijarro, Mapi León, Aitana Bonmatí, Mariona Caldentey, Sandra Paños, Andrea Pereira, Clàudia Pina, Ona Batlle, Laia Aleixandri, Leila Ouahabi, Ainhoa Vicente, Lucía García, Lola Gallardo, Amaiur Sarriegi and Nerea Eizagirre.
Nell’elenco mancano i nomi di Alexia Putellas, che al momento non è comunque convocabile per un grave infortunio al crociato risalente all’ultimo allenamento prima dell’Europeo, e Jenny Hermoso, che è l’attaccante più prolifica della Nazionale spagnola e che non ha tardato a mostrare apertamente il suo supporto alle compagne poche ore dopo l’avvenimento.
Che l’Europeo della Spagna fosse stato al di sotto delle aspettative non è un segreto per nessuno. La sconfitta ai quarti di finale contro l’Inghilterra, che poi si sarebbe aggiudicata il torneo, aveva posto fine ad un percorso che fino a quel momento non era stato comunque molto brillante. La rottura del crociato di Alexia a poche ore dall’esordio era stato un colpo duro che si era aggiunto all’infortunio già invalidante di Hermoso. Alla vigilia di un Europeo della portata mediatica come quello inglese, le due defezioni sarebbero state preoccupanti per qualsiasi formazione. Ma se c’era una squadra capace per talento di supplire a queste due mancanze, questa era proprio la Spagna che dopo un anno calcistico a livelli altissimi poteva fare affidamento su un organico dai molti volti.
La Spagna era arrivata a questo Europeo come una delle favorite proprio in virtù di un organico composto da giocatrici giovani e giovanissime che avevano fatto vedere un calcio fantasmagorico già in campionato. Mapi León per esempio è una giocatrice unica nel suo genere, centrale difensiva che è capace in fase di attacco di svolgere il ruolo di playmaker e di calciare con enorme eleganza. La sua versatilità fa di lei una calciatrice irripetibile, simbolo di un calcio a tratti futurista di cui questa Nazionale sembrava poter essere il vessillo. L’Europeo avrebbe dovuto rappresentare il momento per mostrare a tutte le squadre più forti del Vecchio Continente le caratteristiche di un movimento interno spagnolo che nel giro di un anno appena aveva portato due finali di Champions League, un Pallone d’Oro e una sequenza di record di pubblico che comprendono due volte sold out al Camp Nou.
Ma già nell’amichevole pre-Europeo contro l’Italia si era vista una Spagna molto sottotono. Nonostante Alexia fosse ancora in campo non c’era stato quasi mai un guizzo. Anche Aitana Bonmatì si era aggirata per il centrocampo senza idee brillanti. Nel complesso il gioco era stato opaco, a tratti svogliato, molto lontano dalla squadra spaziale del Barcellona che di questa Nazionale era il cuore pulsante. Dove era andato a finire tutto il talento che avevamo visto in Champions League smezzato fra Barcellona e Real Madrid? Quel pomeriggio dopo l’amichevole contro l’Italia ci eravamo dette che per il gioco vero avremmo dovuto aspettare qualche giorno, e che forse le giocatrici non avevano dispiegato un grande agonismo per non incorrere in infortuni o stanchezze inutili a poche ore dall’inizio di un torneo così lungo e concentrato.
Poi c’era stata la rottura del crociato di Alexia durante l’ultimo allenamento prima dell’esordio e quella che avremmo visto in campo da lì in poi, eccettuati guizzi contro formazioni non notevoli, sarebbe stata la peggiore proiezione possibile della squadra delle stelle futuriste. Quando il calcio ha iniziato a farsi competitivo la Spagna ha mostrato di essere disunita e senza idee per divincolarsi da situazioni di gioco scomode. Era evidente che contro le grandi non riusciva a tenere il passo; Francia, Svezia, Germania e Inghilterra avevano uno smalto e una velocità che la Spagna non era in grado di equiparare. A quel punto l’eliminazione contro una squadra solida come l’Inghilterra non aveva sorpreso quasi nessuno.
Alla fine l’Europeo viene rubricato come un’esperienza deludente e già ad agosto le calciatrici spingono per un rinnovo. Se questa costellazione di fenomene non funziona forse bisogna correre ai ripari. Alcune calciatrici si rivolgono a Luis Rubiales, presidente della Federazione calcio spagnola, e propongono di esonerare Jorge Vilda riferendo la loro scontentezza in merito alla gestione del gioco e degli infortuni, facendo probabilmente riferimento ai due infortuni importanti di Alexia e Hermoso. Vilda è a capo della selezione spagnola dal 2015 e ha un contratto fino al 2024. Prima di questo mandato era stato per anni a capo delle squadre giovanili della Nazionale. Rubiales respinge ogni forzatura da parte delle calciatrici di far esonerare Vilda. Il primo tentativo con le buone va completamente a vuoto, e le ragazze sanno che il Mondiale in Australia e Nuova Zelanda dista già meno di un anno. Non c’è molto tempo per il ricambio e bisogna forzare la mano.
Sono questi i precedenti alla mail di qualche giorno fa. Ad essere precise le quindici giocatrici non hanno rinunciato definitivamente al loro posto in Nazionale, né hanno apertamente puntato il dito contro Vilda. Tutte si sono limitate a dichiarare di non desiderare di essere convocate fino a quando non ci sarà una risoluzione definitiva, cioè l’esonero di Vilda che al momento sembra escluso. Mister Vilda infatti gode del totale appoggio da parte della Federazione e in vista delle due importanti amichevoli con la Svezia e gli USA, venerdì scorso ha diffuso un roster di giocatrici creato ex novo per ovviare all’ammutinamento. Al netto di qualche nome già noto rimasto dalla spedizione Euro22, le nuove convocate sono molto giovani oppure alla prima esperienza con la maglia della Nazionale. Su questo punto la Federazione si è dimostrata molto ferma: il posto di Vilda è intoccabile e del resto non è compito delle giocatrici interferire sulle scelte ai piani alti in merito agli allenatori.
La fermezza con cui la Federazione difende la posizione di Jorge Vilda non ha un corrispettivo nei risultati in campo. Jorge Vilda è al suo settimo anno di mandato e quando ha preso in mano la squadra il panorama calcistico nazionale era molto diverso. Negli ultimi sette anni il calcio spagnolo è cambiato molto, è cresciuto e ha dato vita ad un movimento che ha imposto un record dietro l’altro: di visibilità, pubblico, risultati, incassi. Quello che le calciatrici spagnole stanno cercando di affermare è che Vilda non è all’altezza del naturale evolversi di una squadra e di un movimento intero e il mancato appoggio da parte di Rubiales di fatto potrebbe essere letto anche come un mancato interesse da parte della Federazione di far procedere il calcio femminile spagnolo verso il posto di prima fascia che le calciatrici si sono conquistate sul campo a livello di club. Inoltre le atlete stanno protestando per essere messe in condizione di esprimere il loro calcio al meglio delle loro possibilità e per eludere uno spogliatoio ammorbato da una situazione tossica che influisce sulla loro salute mentale in maniera negativa.
Jorge Vilda ha dichiarato di essere molto ferito dal comportamento delle giocatrici, in una esternazione che sembrerebbe più affine ad un rapporto interpersonale che non ad un rapporto lavorativo. È probabile che le calciatrici si siano presentate all’Europeo dopo aver discusso fra di loro una specie di ultimatum e che abbiano rimandato ogni decisione alla fine del campionato. I risultati sono stati quelli che sono stati, e soprattutto i fatti raccontano che la finale di Wembley Germania-Inghilterra è stata giocata non dalle due squadre più talentuose, ma da quelle che sono state guidate dalle allenatrici capaci di leggere meglio le situazioni, di creare un gioco, di avere un potere immaginifico che si è sviluppato durante il torneo.
Sarina Wiegman all’Inghilterra e Martina Voss-Tecklenburg alla Germania hanno portato in finale due organici che sono cresciuti di partita in partita; sono state capaci di creare una squadra, di far emergere le singole personalità e anche di scoprire lungo il cammino talenti che prima di luglio erano ancora acerbi. Per dirne una, sono passate ormai settimane ma i video del goal di tacco spalle alla porta di Alessia Russo continua a girare nel mio feed da ogni singola angolazione ed è ancora stupendo come la prima volta.
Non è da escludere che anche la consapevolezza dell’esistenza di certe menti geniali del calcio abbia portato le ragazze a desiderarne una anche per loro. Se c’è una allenatrice capace di orchestrare alla perfezione undici individualità e di portarle fino ai limiti del proprio gioco è naturale che una squadra che vuole vincere ambisca ad averne una. Le vittorie di squadra non arrivano mai senza vittime che si perdono per strada, e non poco più di qualche settimana fa è stata Sarina Wiegman a raccontare al The Guardian di alcuni confronti difficili con certe giocatrici che ha deciso di lasciare a casa in vista del nuovo ciclo per il Mondiale nonostante queste siano state parte della formazione che è diventata regina d’Europa. I giochi evolvono, il livello sale e essere parte di una Nazionale è soprattutto una questione di forma fisica e mentale in un dato momento storico che il più delle volte è breve ed intenso.
Il filosofo Richard Norman sostiene che in caso di protesta a volte si vince, ma non subito e a volte può servire più di una generazione per vedere i risultati di una protesta ben fatta. Nello sport il tempo è breve e non ce n’è molto da investire in tentativi per prendere decisioni giuste. Jeorge Vilda ha una Nazionale nuova e semi-sconosciuta con cui dovrà affrontare Svezia e Usa, due clienti scomode per una rosa raffazzonata. Se vincerà avrà dimostrato di avere ragione lui, ma se le sconfitte saranno sonore la Federazione dovrà tornare sui suoi passi con una soluzione definitiva e la testa di Vilda sul vassoio da offrire alle calciatrici che hanno protestato.
Articoli belli da recuperare
Quando Megan Rapinoe si siede al tavolo con Ada Hegerberg a parlare di calcio anche la regina d’Europa a livello di club fa fatica a prendere parola (The Guardian)
La solitudine della portiera quando la linea difensiva sale (LFootball)
Grandi ritiri nel tennis nelle ultime settimane. Elena Marinelli ne scrive nella sua newsletter in un pezzo da manuale (Novelz)
A proposito di Sarina Wiegman si vocifera che possa essere lei la prossima coach della Nazionale maschile (The Athletic)
Visto sui social
Sue Bird lascia il basket giocato e la sua compagna Megan Rapinoe la vuole ricordare così (Twitter)
The last dance della GOAT con un
abito molto sbrilluccicoso (Insta)
Irma Testa si è presa un cane e lo ha chiamato Tokyo (Insta)
UN PEZZO BELLO DA VEDERE
saluti da chi a Novembre va al C2C a vedere BICEP <3
E per oggi è tutto. Grazie per la pazienza e a chi mi ha scritto in PVT per chiedermi che fine avessi fatto, se Zarina sarebbe ripartita. Zarina è ripartita e noi ci sentiamo presto.
Ciao!
Giorgia