Benvenut* su Zarina, la Newsletter sullo sport femminile che ogni mattina corre a Gleisdreieck e sfida tutt* gli/le amic* che si sono fatt* un profilo su NikeRun Club (mi trovate sotto Giorgia Bernardini).
Zarina racconta le storie di ragazze affascinanti in tuta da ginnastica, ogni donna che ha una storia legata al mondo dello sport, non importa se come atleta in senso stretto o come persona che ha fatto dell’attività sportiva un capitolo importante della propria vita.
In questo numero abbiamo intervistato l’ostacolista della Nazionale Italiana Ayomide Folorunso su un argomento intimissimo come il suo rapporto con la religione. Ayo infatti prima di ogni gara sulla pista rossa prega al telefono con i suoi genitori, ma il suo rapporto dialogico con Dio è in realtà molto più di questo, è un contatto continuo che si tiene su una conversazione a voce, sulla preghiera e sullo studio matto e disperatissimo della Bibbia. Ringrazio Ayomide per essersi aperta con me su un tema intimistico come la preghiera e per avermi letto un passo della Bibbia live durante la nostra chiamata su Skype.
Nella seconda parte di Zarina troverete un pezzo approfondito di Dario Focardi e introduttivo ai prossimi Mondiali di calcio femminile che si giocheranno in Australia ed Oceania nel 2023. Le due nazioni in questione infatti hanno seminato lungamente e con criterio prima di arrivare ad ospitare il campionato più importante del mondo. Tutto materiale di riflessione per il calcio italiano femminile e per lo sport in generale.
Come al solito per consigli, domande, messaggini potete contattarci sul nostro profilo Instagram.
Oppure l'indirizzo da cui mandiamo questa newsletter è zarinanewsletter@gmail.com – mandateci una lettera lì!
La Zarina di Marzo è Ayomide Folorunso
La mia Bibbia della gioventù è distrutta
Ayomide Folorunso è una ostacolista italiana di origine nigeriana classe 1996. È stata finalista a Rio2016 nella staffetta 4x400 m e anche semifinalista nei 400m ad ostacoli individuale. Ha all’attivo tre titoli italiani assoluti e dodici titoli a livello giovanile.
Cresciuta a Fidenza, oggi fa parte delle Fiamme Oro e studia Medicina a Parma.
La foto del tuo profilo di Whatsapp ti rappresenta di spalle con la canotta azzurra da gara. Hai le mani unite e i due indici sono rivolti al cielo.
Lì sono alla partenza dei blocchi, prima che comincino le danze. Uno dei momenti clou. Sei lì, da un momento all’altro lo starter darà i comandi. C’è un attimo di calma, lo stadio fa silenzio e arriva il comando di andare ai propri posti per la partenza. Poi senti lo sparo e si va.
Nella foto sembra che tu stia indicando il cielo o è un caso? Riguardati la foto.
Sì, è vero! Un amico mi ha taggato nella foto e mi è piaciuta un sacco perché è abbastanza rappresentativa. In realtà stavo solo pregando (ride).
Appunto per quello te l’ho detto!
Le mani sono giunte in preghiera e probabilmente questo è il momento in cui sto dicendo quello che dico sempre prima di partire: God take control, in inglese perché nei momenti clou l’inglese è la mia lingua.
Parli in inglese con te stessa per prendere distacco emotivo?
Nel mio caso perché è la mia lingua madre. Io sono cresciuta con l’inglese per almeno i primi otto anni della mia vita (ad otto anni Ayomide si è trasferita dalla Nigeria a Fidenza con la famiglia nda) e quindi sono andata a scuola in inglese, parlo inglese in famiglia mentre l’italiano è stato acquisito. Quando le emozioni sono forti mi esprimo in questa lingua. O meglio parto in inglese poi ci infilo qualche parola in italiano.
Preghi sempre prima di una gara?
Assolutamente sì. Io prego in ogni momento della giornata, è una conversazione continua. La preghiera non è solo il momento in cui mi inginocchio e giungo le mani. C’è anche questo momento, però lo step per me è stato realizzare che la preghiera è una comunicazione costante con Dio. Anche prima di andare all’allenamento, durante l’allenamento, dopo, prima di mangiare, dopo aver mangiato, a caso, in bagno, prima della gara.
Prima della gara assolutamente. Anzi, prima della gara ho un rito con la mia famiglia che è nato sin dalle prime gare. Anche se si opponevano al fatto che io facessi atletica mi stavano accanto prima di ogni gara. Fare atletica per loro infatti non era contemplato, era contemplato fare altro.
Studiare, studiare, studiare immagino.
Esatto (oltre ad essere una atleta olimpica, Folorunso è anche una studentessa di Medicina alla facoltà di Parma, nda). Anche se non erano ancora sicuri della mia decisione hanno sempre pregato con me prima della gara. Infatti è raro che i miei genitori siano presenti alle gare, e va bene, l’importante è che ci sia l’allenatore. Non sono abituata ad averli fra il pubblico, a sentire il loro tifo. Ma la loro presenza è arrivata attraverso altre vie. Al telefono preghiamo sempre insieme prima della gara. Ormai è una routine. Quando sono in autobus o nell’area riscaldamento, prima di partire dall’hotel. Comunque in uno di questi momenti che precedono la gara dove riesco ad avere un attimo di pace e tranquillità. Si fanno sentire in questa maniera, che per me è più importante rispetto al fatto che ci siano poi fisicamente.
Questo con Dio mi sembra più che altro un dialogo, uno scambio continuo di idee, di sentimenti…
È come avere un super amico.
Sono nata in una famiglia cristiana. Da quando sono piccola sono sempre andata in chiesa e ho vissuto in questo ambiente anche perché mio padre è un Pastore e sono stata coinvolta in attività in chiesa da sempre. Poi però mi sono accorta che la fede è una questione personale.
Quando arriva l’adolescenza non hai più tanta voglia di continuare a fare quesa cosa, di pregare di mattina e di sera come un obbligo. Poi lo sport ha iniziato a portarmi lontano dall’ala protettiva dei miei genitori, quindi loro non sapevano più se io davvero continuavo a pregare quando non c’erano. Se fosse stata solo una serie di regole ad un certo punto avrei potuto infischiarmene. Ho fatto anche una fase in cui ero meno strutturata, ma non è durata tanto. Poi è arrivato un momento in cui dovevo decidermi se farlo per i miei genitori o per mia scelta personale. La salvezza è una scelta personale, e questo è un concetto che i miei genitori mi hanno sempre espresso. Ma poi giunge il giorno in cui ti accade una epifania e con essa l’accettazione di questo amore incondizionato ed infallibile per il Padreterno.
E il giorno in cui apri il tuo cuore e lo realizzi è uno dei momenti di rinascita. C’è proprio un termine teologico, born again, e da lì inizi un percorso. Il che non vuol dire che da quel giorno sei santa, non puoi fare più nessun errore. Anzi, realizzi quanto è difficile con le tue sole forze essere buona. Più vado avanti più divento dipendente. Ecco, non sono così indipendente come penso, sono dipendente dalla grazia che mi dà Dio. Certe volte mi guardo indietro e mi domando come ho fatto ad arrivare fin qui.
Fra l’altro già il tuo cognome Folorunso nella lingua Yoruba significa “l’ho affidata a Dio perché la protegga”. Quindi stava scritto un po’ nelle stelle mi pare.
(ride) Nella etnia Yoruba il nome è davvero significativo, un po’ come se mettesse la firma sul destino di un bambino o di una bambina. Ma sono nata sapendo che Dio mi amava e mi proteggeva. Il difficile è stato avvicinarmi attivamente a lui, cioè io a lui, perché lui c’è sempre. È lì, aspetta solo che tu gli dia una chance e quando tu decidi…eh, cominciano cose interessanti.
Prima hai lasciato intuire che nel periodo dell’adolescenza ti sei un po’ allontanata da Dio. La rinascita di cui parlavi prima, il nuovo avvicinamento dopo l’adolescenza, come è accaduto?
Era giugno del 2010. È coinciso con il giorno in cui avevamo un programma in chiesa. Avevamo un pastore ospite. E le parole che aveva detto quel giorno erano state come una sorta di schiaffo in faccia per me. Come se qualcuno mi avesse preso e scrollato.
C’è stata una profezia per te?
Prima di quel momento non ero mai stata colpita nel profondo. Ma quello è stato il giorno in cui mi sono decisa, sono diventata consapevole di ciò che stavo facendo e lo volevo fare. E quello è stato il primo passo di una strada, di un percorso che sto facendo ancora adesso. Un po’ come quando decidi di stare insieme a qualcuno per sempre. È una scelta che fai tutti i giorni quella di rimanere con una persona, almeno me la raccontano così, e questa è una cosa simile.
Questo rapporto privilegiato con Dio si manifesta in qualche modo particolare? Immagino tu passi molto tempo da sola quando corri, per esempio. E ti senti sola quando sei fisicamente da sola? Oppure c’è una presenza che ti accompagna?
Sì, percepisco un sostegno. A volte devo dirti la verità è molto difficile, sento di non farcela. Poi cerco di cancellare subito questo pensiero dalla mia testa. Ma questi sono i momenti in cui parlo, dico: «Gesù ti prego, io in questo momento non ce la faccio. Ho bisogno di te. Ho bisogno di te», e già solo dicendolo sento una certa forza.
Un altro aspetto che apprezzo molto del protestantesimo è il fatto che ti spinga a perseguire una ricerca personale, che ti spinga a leggere la Bibbia. Bisogna leggere. Dio può parlarti in qualsiasi momento ma non è che puoi stare rivolta al cielo ad aspettare la voce che ti arrivi giù e che ti parli dal cielo. Può accadere anche questo, ma ti può parlare anche in diversi altri modi. E una di queste modalità è la lettura della Bibbia. A volte rileggo alcuni versi che ripasso da sempre, e quel determinato giorno, in una mia determinata situazione personale mi risuonano nel cervello in maniera particolare. Per me è una cosa incredibile, un verso scritto non so quanti anni fa, che risuona per me in un momento specifico.
Ho letto che ti sei portata la Bibbia persino a Rio2016 (Olimpiadi in cui Ayomide ha corso la finale in staffetta 400m ad ostacoli).
C’è di bello che adesso grazie alla tecnologia ci sono le applicazioni. La mia Bibbia della gioventù è distrutta.
Bene, è un buon segno.
È praticamente una reliquia. Come tanti altri ragazzini avevo la Bibbia in una versione con un inglese più semplice. Quella l’ho stra-usata finché non si sono staccate le pagine. Adesso uso l’applicazione YouVersion che mi consente di avere a disposizione più versioni diverse dei testi sacri. A partire da quello più classico, in una lingua più alta, da cui ho imparato alcuni versetti a memoria quando ero piccolina. È uno di quei retaggi che mi porto dietro, ma che poi inaspettatamente ti tornano. Questa è la versione del cuore, ma quando voglio capire, andare un po’ più nel profondo, mi piace andare a vedere diverse versioni amplificate, con più approfondimenti anche di tipo storico. Scrivo le mie note, salvo le mie pagine e non mi devo portare libri ingombranti in giro.
Perché la Bibbia a Rio? Che risposte puoi cercare prima di una gara olimpica?
Be’ ormai fa parte della mia routine. Mi sveglio e la prima cosa che faccio è ringraziare Dio per aver visto un nuovo giorno, lo faccio in automatico. Bene, partiamo! E mi sono accorta che iniziare così la giornata, con un morning devotion in una app chiamata Our daily bread, il nostro pane quotidiano, mi fa partire con il piede giusto.
Ogni mattina c’è un versetto nuovo accompagnato da una riflessione che ti fornisce il “pezzetto di pane” della giornata. Oltre a questo io poi faccio le mie letture di approfondimento. Quest’anno voglio leggere tutta la Bibbia in 365 giorni e ho fatto un piano che mi piace perché fa un buon miscuglio del Nuovo e del Vecchio Testamento e segue anche un percorso cronologico interessante, che mi intriga abbastanza.
Pregare e studiare la Bibbia sono cose che faccio sempre, perché non dovrei farle quando arrivano le Olimpiadi? Perché dovrei stravolgere tutto per il fatto di essere arrivata alle Olimpiadi? In fin dei conti quei 400 m sono i soliti 400 m che ho sempre fatto in campo fino all’altro giorno, gli ostacoli sono sempre quelli, io sono sempre io.
Il tuo libro preferito della Bibbia?
I Romani. È uno di quei libri che consiglierei a chi si avvicina alla religione cristiana. Il mio capitolo preferito in assoluto è l’ottavo.
(A questo punto Ayomide prende il suo cellulare e cerca il testo sulla applicazione da cui legge la Bibbia. Mi mostra con fierezza gli appunti e le sottolineature e quando trova il passo che sta cercando, inizia a leggere ad alta voce e in inglese da Romani, 8, 31. Io qui riporto la versione in italiano)
31 Che diremo dunque riguardo a queste cose?
Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? 32 Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? 33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. 34 Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. 35 Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36 Com'è scritto:
«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello».
37 Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. 38 Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, 39 né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
Quando le cose per me non hanno più senso torno sempre a questi versi.
Questa lettura ad alta voce mi ha fatto venire la pelle d’oca.
Adoro questi versi. È una delle verità fondamentali della mia vita. Quando le cose non hanno senso penso che Dio mi ama.
In che modo ha influenzato la tua carriera sportiva la presenza di Dio nella tua vita?
Dio è tutto e so che lui aveva i suoi piani. E senza questi piani io non sarei ciò che sono. Ho cercato di prendere altre direzioni, ma Dio mi ha sempre indicato cosa avrei fatto. Il solo fatto che io faccia sport non era assolutamente contemplato neanche nell’anticamera del mio cervello.
Se qualcuno a otto anni, appena arrivata in Italia, mi avesse detto: guarda che tu sarai su un podio con la mano sul petto a cantare l’inno italiano perché hai vinto una medaglia d’oro da qualche parte, io avrei detto: are you ok?, stai bene? Di cosa stai parlando?
Quindi il solo fatto che io sia qui è una grazia di Dio. Questo è il punto centrale di tutto il discorso. Anche come mi sono approcciata a questo sport. Gli elementi che mi hanno portata qui sembrano casualità, ma io non credo nella casualità, perché ho affidato la mia vita a Dio dicendogli di non sapere la strada. Gli ho proprio detto: «io sono cieca». È arrivato tutto nel momento giusto per far sì che io facessi una determinata cosa e avanzassi di un determinato passo. Per questo a volte quando mi sento sopraffatta da tutto mi dico: è colpa tua! Non avevo pianificato niente di tutto questo. Lo sport lo guardavo in tv ma era davvero una bambina. Ma da guardarlo in TV ad arrivare alle Olimpiadi…
Due giorni fa il pane quotidiano del giorno verteva proprio su questo. Nel non vedere Dio solo nella preghiera, nella lode. Lodare Dio ti aiuta a cambiare prospettiva. Invece di elencare ciò che non hai, lo ringrazi per ciò che hai a disposizione. La riflessione ci invitava a vedere Dio anche nel nostro lavoro, lui ha un piano e la messa in atto di questo piano può avvenire anche svolgendo bene il proprio lavoro.
E anche svolgere bene il proprio lavoro è un atto di lode.
Dio mi ha dato il talento, mi ha messo nella condizione di incontrare persone che mi aiutassero a svilupparlo e quindi è mio dovere lodarlo attraverso le mie azioni.
So, that’s it, praticamente.
IL MONDIALE FEMMINILE DI CALCIO IN OCEANIA 2023
Quello che state per leggere è il primo di una serie di articoli in cui vi racconterò i progetti che Australia e Nuova Zelanda stanno mettendo in campo per far crescere il movimento calcistico femminile sui propri territori in qualità di co-organizzatrici del prossimo Mondiale femminile di calcio FIFA 2023.
In questa prima parte troverete l’analisi del dossier che le due nazioni hanno presentato alla FIFA e che ha permesso loro di vincere l’assegnazione del Mondiale. Buona lettura.
IL DOSSIER: IDEE E SGUARDO VERSO IL FUTURO
Il Mondiale femminile di calcio FIFA 2023 sarà il primo in assoluto che si giocherà in Oceania. Il ticket Australia e Nuova Zelanda ha presentato un progetto molto interessante e innovativo che ha convinto i grandi elettori del massimo ente internazionale del calcio ad assegnare loro l’organizzazione di quello che è ad oggi il terzo evento più importante del panorama sportivo internazionale. Nel momento esatto in cui è stata decretata l’assegnazione sono stati stabiliti due record:
Primo mondiale ospitato da due nazioni diverse.
Primo mondiale ospitato da due confederazioni diverse – dal 2005 l’Australia fa parte della AFC (Asian Football Confederation), mentre la Nuova Zelanda è nella OFC (Oceania Football Confederation).
Le due nazioni, geograficamente oceaniane, sono un punto di riferimento quando si parla di equality e gap gender e il dossier presentato alla FIFA ne è la conferma. L’incipit è chiaro su quali siano i presupposti che muovono il comitato organizzatore:
«Siamo due paesi con una popolazione complessiva di più di 29 milioni di persone di origini molto diverse, più di 200 nazionalità, uniti dal nostro multiculturalismo e dalla nostra passione per lo sport.
Una passione che si tradurrà in stadi pieni di tifosi entusiasti che, siamo sicuri, sosterranno ogni squadra partecipante come se fosse la "squadra di casa". Siamo il ponte tra due confederazioni: Asia e Oceania. Portiamo l'opportunità di guidare lo sviluppo del calcio femminile in due regioni distinte ma unite dall'amore per il gioco.
Siamo nazioni che sono campionesse di uguaglianza di genere e di empowerment femminile con record esemplari di impegno per la costruzione di progetti che permettano che determinati obiettivi siano raggiunti prima possibile».
Nazione uno: AUSTRALIA
L’Australia è una delle nazionali di calcio più forti del mondo. Attualmente settima nel ranking FIFA, ha tutte le carte in regola per provare a vincere il mondiale di casa: un gruppo di giocatrici di assoluto valore come Samantha Kerr, centravanti implacabile del Chelsea, giovani che sono già protagoniste nei campionati più importanti come Ellie Carpenter, terzina sinistro titolare a soli vent’anni dell’Olympique Lyonnais, e un campionato professionistico, la Westfield League, che non ha niente da invidiare a quelli europei. Le fondamenta del calcio femminile australiano appaiono solide e sopra di esse il governo australiano ha cominciato a costruire una casa di diritti per donne e ragazze. Un percorso che garantisca accesso allo sport praticato e preparazione per diventare quadri dirigenziali della federcalcio nazionale, la FA (Football Australia).
Al 2019 le calciatrici tesserate sono 110.000, che è un dato ottimo, ma non per gli standard australiani. Infatti queste rappresentano solo il 21% di tutti i tesserati australiani compresi gli uomini. Per superare questo gap gender così elevato la FA in collaborazione con il Ministero dell’Interno ha deciso di attivare un focus sul calcio all’interno del Gender Equality Action Plan. La scheda introduttiva di questo piano d’intervento descrive bene quale sia l’impegno profuso dalle forze governative in questo ambito:
«Il nostro ministero è pienamente impegnato al raggiungimento di una cultura inclusiva in cui le nostre cittadine si sentano apprezzate, motivate e fiduciose di contribuire in tutti i luoghi di lavoro».
Entro il 2026 la FA si propone di raggiungere una proporzione del 50% degli iscritti all’attività calcistica, tra uomini e donne.
Gli assi di intervento di questo piano sono molteplici. Il più importante è Football your way, iniziativa che incoraggia le donne di ogni età a giocare a calcio attraverso alcune azioni specifiche:
Soccer Mums program: programma di calcio che stimola le mamme a mantenersi fisicamente attive attraverso il calcio.
Kick on: programma introduttivo al calcio per ragazze dai 13 ai 17 anni.
FootLanguages: programma che utilizza il calcio come strumento multiculturale e linguistico per garantire un inserimento sociale facilitato alle donne migranti di ogni età.
Due nuove forme di gioco: walking football e social summer football.
Con queste azioni la partecipazione e l’avvicinamento al gioco di ragazze e donne sono sensibilmente aumentate. Ma la FA ha voluto fare un ulteriore passo in avanti. Così dopo aver ottenuto la certezza dell’organizzazione del Mondiale 2023, i vertici federali hanno cominciato a pensare a nuovi modelli partecipativi da realizzare in vista dell’appuntamento iridato e anche in questo caso sono nate delle idee da osservare con attenzione:
Creazione di Academy: esclusivamente femminili: per aumentare la possibilità di accesso al calcio del genere femminile. Le Academy saranno gestite direttamente dalla federcalcio australiana.
Costruzione di nuove infrastrutture e campi di calcio: arrivare a realizzare 100 nuovi centri sportivi in tutto il paese.
Creazione di ulteriori franchigie per Westfield League: espandere il campionato nazionale, in modo tale da raggiungere la piena copertura in tutti gli stati australiani.
Per la FA questi tre nodi sono focali per lo sviluppo di un progetto serio di calcio al femminile. Se garantisci una squadra di riferimento in tutti gli stati australiani, diventerà più semplice che in ognuno di essi ci sia un centro sportivo che faccia da aggregatore per tutte quelle donne che vogliono giocare a calcio. In un paese dalle dimensioni ragguardevoli come l’Australia è necessario che le possibilità di accesso alla pratica sportiva e calcistica aumentino ulteriormente. Al momento la maggior parte dei centri sportivi e delle Academy sono concentrate negli Stati del Sud-Est: New South Wales, Victoria e South Australia. Nei prossimi anni La FA coprirà anche il resto del territorio nazionale, arrivando ad avere 100 centri federali per lo sviluppo e la crescita del talento delle calciatrici australiane.
L’ultimo asse presente nel piano nazionale riguarda il miglioramento della capacity building di donne e ragazze. La FA e il governo federale australiano riconoscono l’importanza sociale di lavorare per costruire una leadership femminile ad alto livello. Il loro obbiettivo finale è quello di garantire un ruolo decisivo nel processo decisionale del movimento calcistico australiano tout court. Per questo è stato creato all’interno del Congresso, il Women's Football Council, che gestirà un programma di mentoring continuo per identificare e sviluppare futuri leader femminili per il calcio australiano e non solo.
Nazione due: NUOVA ZELANDA
La Nuova Zelanda è la nazione guida della OFC (Oceania Football Confederation) e attualmente la nazionale femminile di calcio occupa il 22° posto nel ranking mondiale FIFA. Le Football Ferns – soprannome con cui sono conosciute le calciatrici della nazionale – sono un punto di riferimento importante per l’intera società neozelandese. Come succede negli USA, in Nuova Zelanda il calcio al femminile è il primo sport praticato tra bambine e ragazze e il suo ulteriore consolidamento è una priorità strategica per la NZF (New Zealand Football) e per il governo guidato da Jacinda Ardern, prima ministra rieletta a larga maggioranza nel 2020.
Se l’Australia è un ottimo esempio di impiego del calcio come strumento di miglioramento sociale, la Nuova Zelanda è una vera e propria avanguardia mondiale. Nel 2008 ha ospitato la prima edizione del Mondiale FIFA femminile U-17 e dal 2010 la NZF ha alla sua guida una presidentessa, Johanna Wood. Tutti i progetti che sono stato realizzati dal 2010 a oggi sono il frutto di una dinamicità sociale che ha pochi eguali al mondo e hanno permesso di avere il 40% di rappresentanza femminile negli organi di governo del calcio neozelandese. Siamo veramente agli antipodi rispetto all’Italia, non solo geograficamente.
Il piano d’intervento prioritario individuato della Federcalcio neozelandese si chiama Map to success e grazie a esso negli ultimi 5 anni si è registrata una crescita del 35% del numero delle tesserate ai settori giovanili delle federazioni statali, con un aumento costante anno per anno del 7%.
Prima di continuare con l’analisi va fatta un minimo di chiarezza su come funziona la gestione del calcio in Nuova Zelanda. Al vertice della piramide c’è la Federcalcio nazionale (NZF), al di sotto si trovano le varie federazioni statali che gestiscono autonomamente ognuna una propria Academy e i rispettivi campionati locali. In sostanza il governo centrale dà gli indirizzi di massima, mentre gli enti locali li realizzano sui propri territori. In Nuova Zelanda, a livello calcistico, non c’è ancora il professionismo e questo doppio livello di controllo ha garantito equità ed accesso orizzontale all’attività sportiva per tutte e tutti.
Dal 2011 la Federcalcio neozelandese ha lanciato Whole of Football, un piano d’intervento riconosciuto dalla FIFA come uno dei più innovativi progetti di sviluppo di calcio mai realizzati. Si articola in questo modo:
First Kicks: programma rivolto alle bambine in età prescolare, in cui si comincia a divertirsi con il pallone tra i piedi.
Fun Football Centres: creazione di centri del divertimento sportivo in cui le bambini del primo ciclo della scuola primaria giochino con costanza a calcio.
Future Ferns Development Program, programma rivolto alle giovani calciatrici selezionate per far parte delle nazionali giovanili.
Go Programme: programma per le donne adulte che vogliono tornare a giocare a calcio
Il successo di questo piano è andato oltre ogni più rosea aspettativa. I dati del 2020 forniti dalla federazione nazionale dimostrano che in 10 anni è aumentata la base di giocatrici, allenatrici, arbitre e amministratrici. Questo successo ha permesso un’attenzione maggiore allo sviluppo del talento delle migliori giovani, ha garantito la creazione di un campionato nazionale femminile che da quest’anno ha assunto la denominazione di ISPS Handa Women’s Premiership, che ha visto ai nastri di partenza 6 formazioni, e, per la prima volta, un broadcaster – Sky Sport Next - ha garantito la copertura live e gratuita di tutte le partite del campionato sul proprio canale YouTube.
Migliorare la visibilità del calcio al femminile è decisivo per far crescere un movimento, nell’ottica di lavorare anche sul cambio di narrazione che gira intorno ad esso. Perciò trasmettere le partite gratuitamente sui social più diffusi non può che rappresentare un ulteriore passo verso la costruzione di un approccio generale diverso al calcio al femminile.
Tutto quello che avete appena letto può sembrare uscito da un romanzo di Philip K. Dick, ma non è così. Non è fantascienza, è realtà.
Australia e Nuova Zelanda non sono paradisi terrestri, anche loro vivono le contraddizioni di una società turbo-capitalista. La differenza con l’Italia è che non si adattano. Pensano e lavorano per migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini, senza che il genere, la disabilità o la provenienza creino inutili barriere. Un insegnamento e uno modo di approcciarsi alla vita che dovremmo tenere bene a mente.
Due o tre cose che abbiamo fatto in giro in queste ultime settimane
“One-Two: diventare Becky Hammon”, il podcast che ho scritto per Gli Elefanti, è stato selezionato per “Cuffiette”, la rubrica di Vanity Fair Italia curata da Laura Pezzino.
Uno dei motivi per cui i podcast, e gli audio in generale, stanno spopolando è il fatto che ci introducono - e quando sono fatti bene come «One-Two», ci fanno pure appassionare - ad argomenti poco frequentati. Becky Hammon è stata una delle giocatrici di basket più brave di sempre. (…) Ci dicono, i bravi autori del programma, che in realtà Hammon non ha propriamente aperto un'era per le donne in Nba e che rimane pertanto l'eccezione che conferma la regola.
A proposito di podcast l’8 Marzo è uscito quello nuovo su Megan Rapinoe che ho scritto per gli Elefanti e lo potete ascoltare QUI o su tutte le piattaforme di podcasting. La sigla è una vera sigla da stadio e la copertina è fatta così:
Io e Davide ci siamo conosciuti in Erasmus ad Heidelberg nel 2008. Mi piace ricordare quell’anno come la mia prova generale di vita all’estero che porto avanti fra alti e bassi ormai da dodici anni. Nel frattempo Davide è tornato in Italia, è andato in Australia, è ritornato in Italia e adesso vive in Canada. Un divano a Vancouver è il podcast che ha messo su con Giulia in cui dialogano con expat che se ne stanno aggiro per il mondo. Ad inizio marzo hanno invitato anche me in una puntata che si chiama “Con Zarina in viaggio a Berlino”.
Abbiamo parlato del mio arrivo fortuito nella capitale tedesca, di quando – squattrinata – andavo a ritirare i soldi alla Western Union della Potsdamer Straße e di come io ad un certo punto abbia perso la testa per lo sport femminile e le mattine trascorse a letto ad ascoltare Lucio Dalla.
Per l’Ultimo Uomo ho intervistato Antonella Bellutti, due volte campionessa olimpica su bici su pista e attuale candidata alla Presidenza del CONI. Se Giovanni Malagò, come sembra, verrà candidato per la terza volta di fila, non solo si darà vita ad una specie di dittatura al CONI, ma si metterà ancora una volta in atto una visione parziale dello sport italiano.
La discriminazione nel mondo dello sport non tocca solo l’essere atleta, ma anche l’essere parte di quel mondo. Da qui nasce la situazione in Italia, dove il maggior numero di sportivi tesserati è donna ma nei quadri tecnici poi non ci sono donne. Le donne sono escluse nonostante titoli accademici e carriere sportive. E qui si crea una mancanza di tipo metodologico perché le donne possono essere portatrici di un modello nuovo di prestazione. Anche nei quadri dirigenziali, nei 104 anni di storia non c’è mai stata una donna presidente di una Federazione – stiamo parlando di 740 ruoli di presidente che mai una volta sono stati ricoperti da donne (l’intervista è precedente al 13 marzo 2021, nda). Ovviamente non c’è mai stato un Presidente del CONI donna. Questo vuol dire avere una visione monca. E non solo il vertice dirigenziale è mono-genere, ma molti di questi uomini sono sempre gli stessi.
Su Linea Mediana è uscito un mio articolo l u n g h i s s i m o su Asma Elbadawi, l’attivista e giocatrice di pallacanestro grazie alla quale la FIBA (Federazione internazionale di Pallacanestro) ha eliminato il divieto dell’uso dell’hijab nelle partite ufficiali. Prima di Asma giocare a basket a livello agonistico per una donna musulmana osservante era praticamente impossibile. “Avanguardia femminile e sport nella religione musulmana. L’esempio di Asma Elbadawi” lo trovate su Linea Mediana.
Due o tre cose che abbiamo letto in giro in queste ultime settimane
A. Il caso di Lara Lugli, la pallavolista a cui è stato negato lo stipendio perché rimasta incinta, mette ancora una volta in evidenza il ritardo SIDERALE della Legge 91/1981 e la necessità di rendere professionistico lo sport femminile - a b b i a m o b i s o g n o d i t u t e l e
B. Infatti far finta che la maternità non faccia parte della vita di una atleta significa anche insinuare che una donna che allatta sua figlia mentre è in panchina e aspetta il suo momento per tornare in campo non sia una vera atleta.
"Non capisco tutto questo scalpore, ha dichiarato Antonella Gonzalez (l’atleta e madre). Improvvisamente ho visto circolare quella foto su twitter con migliaia di commenti, addirittura alcuni siti stranieri. Ma francamente non capisco cosa ci sia strano e perché ci si debba stupire di una cosa così normale. Più che altro mi stupisco io che ci sia ancora chi si stupisce. Perché essere mamme non impedisce di essere anche atlete".
C. Finalmente dopo 104 anni di sport ufficiale in Italia è stata eletta la prima donna alla Presidenza di una Federazione sportiva – Antonella Granata allo Squash. Certo, a quanto dice il Corriere, gli altri due candidati si sono ritirati per assicurare l’elezione di Granata; ma noi non staremo certo qui a guardare il dito del saggio, quanto piuttosto la luna.
Coming Soon
Mercoledì 31 Marzo sul canale Twitch di Dario Focardi (Bigdaddydario) ospiteremo e intervisteremo Antonella Bellutti per parlare un po’ del suo programma di candidatura alla Presidenza del CONI. Per chi non l’avesse ancora fatto, il suo Manifesto è leggibile QUI. È una buona occasione per sentire un po’ di cose nuove sullo sport del futuro prossimo – non femminile, ma sullo sport e basta.
Venerdì 16 aprile ricorre la prima delle due semifinali di EUROLEAGUE Women fra Fenerbache Oznur (la squadra di Zanda, per intenderci) e UMMC Ekaterinburg. Io di Zarina, Gaetano Gorgone di Pinkandroll e Michele Pelacci mettiamo su una bella stanza su Clubhouse (io sono @zarinanews) e vi facciamo la telecronaca in diretta mentre la partita la potete guardare direttamente sul canale della FIBA. Insomma, noi siamo lì per salvarvi dal vuoto pneumatico di FIBA.com e per raccontarvi gossip sulle due squadre più forti d’Europa.
Consueta canzone per un sabato migliore. È il turno di Julia Nunes If it feels good (do it).
Ancora non ci segui su Insta? È arrivato il momento, no?