Gianni Infantino ha detto no
L'acquisto dei diritti televisivi dei prossimi Mondiali in Australia e Nuova Zelanda riapre antiche ferite del calcio femminile
Wow. Dall’ultimo numero di Zarina si sono aggiunte circa 70 persone e dopo due anni e mezzo di entusiasmante lavoro siamo riuscite a superare le 1000 lettrici e lettori qui: questo numero arriva a 1050 iscrittæ e insomma è tutto stupendo. Vogliamo provare ad arrivare a 1100 per il prossimo numero? Condividici con il bottone qui!
Visto che si sono aggiunte un bel po’ di persone dall’ultima volta (a proposito, ti va di rispondere a questa mail e dirci come sei arrivatæ qui?) ricominciamo dai basics. Io sono Giorgia Bernardini e scrivo (anche) di sport femminile in un po’ di posti. Mi trovi su Instagram e se ti va di leggere qualcosa di lungo ed articolato sullo sport femminile “Velata” edito da Capovolte Edizioni e scritto da me può fare al caso tuo. Se il calcio femminile è una delle tue passioni o vuoi che lo diventi, mi puoi anche ascoltare su GOLEADORA, il podcast sul calcio femminile che condivido e parlo con Elena Marinelli.
Prima di iniziare davvero ecco una comunicazione per chi sta a Milano o nelle vicinanze e ha voglia di venirmi a trovare. Il 18 Novembre alle 15:30 presenterò Velata insieme a Nadeesha Uyangoda al MUDEC - Museo delle Culture a Milano in occasione di Book City. Sarà bello vederci lì e parlare di sport femminile in un panel dal titolo “Lo sport come spazio inclusivo” in compagnia di Nadeesha che insomma, non ha bisogno di presentazioni.
Detto questo possiamo davvero iniziare.
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Parole vs. Fatti
Dell’incongruenza nel calcio femminile
Già dal giorno dopo la finale di Wembley avevamo deciso che del calcio femminile non ne avevamo avuto abbastanza. Anzi, ne volevamo di più, ancora di più. Ed eccoci accontentati. L’anno di vuoto pneumatico sportivo dovuto a quello che sappiamo ha fatto sì che fra l’Euro22 e il Mondiale di Australia e Nuova Zelanda ci sarà meno di un anno di distanza. E questa è un’ottima notizia; è un’ottima notizia cavalcare l’onda dell’entusiasmo e dei risultati positivi, soprattutto nel calcio femminile che sembra essere un mondo sportivo in cui gli addetti e le addette ai lavori a volte hanno la memoria corta.
La sensazione di poter correre il rischio di dover ricominciare tutto da capo ogni volta che un evento sportivo internazionale si conclude è un po’ la spada di Damocle del calcio femminile. Ne è la prova il fatto che ad un sold out di circa 90k spettatori al Camp Nou raggiunto ad aprile può seguire un inizio di stagione di Champions League in cui le partite si giocano in campi inadeguati e gli spalti a capienza molto ridotta, oppure in stadi per tre quarti vuoti perché “si è stati impossibilitati a fare una pubblicità adeguata”. La settimana scorsa abbiamo assistito all’esordio di una squadra italiana in Champion’s League in un prato che più che un terreno di gioco sembrava un campo di patate (sì, AS Roma Femminile, sto parlando di te). Queste sono solo alcune delle contraddizioni che riguardano quelle che ci piace tanto chiamare “conquiste dello sport (femminile)”. Peraltro uno degli aspetti oscuri di queste conquiste di cui tanto si parla è che non le puoi mai davvero stringere in mano, sentirle tue, essere certa che nessuno te le strappi dalle mani. Sono più che altro risultati intermedi, luce alla fine del tunnel seguita da altri interminabili viaggi dentro ad un altro tunnel. E la prossima luce chissà, speriamo. Non è assurdo che certe squadre si trovino a giocare il giovedì nello stadio più importante della città e poi, la domenica, di nuovo in un campetto da allenamento a capienza limitata, a volte con il pubblico impossibilitato a raggiungerti perché il luogo e l’ora della partita sono stati spostati 48 ore prima.
E ci risiamo. Siamo di nuovo in quel momento dell’anno in cui, alle porte del Mondiale australianoeneozelandese, dobbiamo ricominciare tutto da capo. I biglietti per la finale di Euro22 a Wembley sono andati sold-out in meno di quindici minuti. Sempre la stessa finale fra Inghilterra e Germania è stata seguita in streaming da 17 milioni di persone sparse in tutto il mondo. Sono risultati mai visti prima, sono solo due dei grandi record che nella scorsa stagione il calcio femminile ha frantumato. Sono queste le esperienze che portano le appassionate e gli appassionati di calcio femminile a dire che le cose stanno cambiando, che adesso anche il magnifico spettacolo del calcio giocato dalle donne ha il suo pubblico e finalmente il rispetto e la visibilità che si merita. È un bel refrain, è rassicurante e ce lo ripetiamo sperando che questa volta il tunnel alla fine del quale rivedremo la luce sia più breve della volta precedente. Spoiler: le cose non stanno esattamente così.
È di questa settimana la notizia secondo cui Gianni Infantino, il presidente della FIFA, è stato costretto a rimandare al mittente le offerte proposte dalle emittenti televisive inglesi, italiane, francesi e tedesche per i diritti televisivi dei prossimi Mondiali in Australia perché scandalosamente basse. Pare che in questo trend ci rientri anche la Spagna, anche se noi speriamo che i ripetuti sold-out al Camp Nou del Barcellona abbiano insegnato qualcosa almeno a loro che questi begli eventi se li sono visti celebrare in casa. In pratica quando è arrivato il momento di investire dei soldi per acquisire i diritti delle partite del prossimo Mondiale, nessuna emittente televisiva di queste cinque nazioni è stata in grado di fare alla FIFA un’offerta che fosse non dico equa ma quantomeno accettabile.
C’è da dire che la questione è tutta nuova. Prima del Mondiale 2023 infatti i diritti televisivi delle partite di calcio femminile venivano acquistati in un pacchetto che li annetteva a quelli dei Mondiali di calcio maschile. In una cifra ci stavano due campionati, e non mi sembra di essere in malafede nel pensare che se le cose stavano così, probabilmente il calcio femminile in questo contesto non era altro che un regalo. Nessuna emittente cioè, prima dell’ottobre 2022 si era mai posta la domanda: quando ci costa il diritto di mandare in onda i Mondiali di calcio femminile? Nessuno se lo era mai chiesto perché probabilmente prima di questa settimana la risposta era: zero. Più verosimilmente il prezzo pagato dalle emittenti televisive fino ad oggi era solo ed esclusivamente calibrato sul calcio maschile e poi dentro, come un minuscolo asterisco a pie’ di pagina per alcuni fastidioso, per altri lucrativo, ci stava quest’altra cosa che era la versione femminile dello stesso sport. Certo, certo, ci saranno state le solite eccezioni: Stati Uniti, Canada…ma ve ne vengono in mente altre? Di sicuro c’è che in Europa questo è un problema tutto nuovo che ci ha messo ancora una volta di fronte a quanto siamo impreparati a fare del calcio femminile uno sport nazionale e quanto persino nazioni come l’Inghilterra e la Francia – dove si dice (cito Martina Angelini su La7 oggi 29 Ottobre 22) che il calcio f. sia almeno 20 anni avanti a quello italiano – siano impreparate in tema: calcio f. e soldi.
Il secondo dato interessante è che una volta messe di fronte a questo quesito nuovo, le emittenti televisive hanno fatto i conti sulle dita di una mano e per essere sicuri di non arrischiarsi a fare un’offerta troppo alta (non sia mai che le donne e il loro calcio si prendano anche solo un centesimo in più di quel che valgono davvero), hanno deciso di andare sul sicuro e hanno proposto cifre 100 volte (cento, lo metto anche in lettere così si capisce che non è un refuso) più basse rispetto a quelle che sono state disposte a pagare per il calcio maschile. È anche e soprattutto per questo che Gianni Infantino si è sentito in dovere di rimandare indietro le offerte. Perché forse 50 volte di meno o 70 volte di meno sarebbe stato grave ma certamente più accettabile di un numero tondo come il 100.
Quello che segue mi tocca dirlo per chi ha già acceso la solita lampadina in testa, quella che si illumina ogni volta che parliamo di soldi nello sport femminile. Lo sappiamo, e abbiamo già parlato a più riprese e in più canali di come ci è chiaro che gli introiti smossi dal calcio m. sono molto maggiori rispetto a quelli smossi dal calcio f., e infatti questo non è il punto. Mi sembra invece di maggior interesse una delle obiezioni mosse da Infantino in merito al suo rifiuto che fa riferimento al fatto che è arrivato il momento che anche le istituzioni inizino a supportare con i fatti questa supposta parità fra i due giuochi del calcio che esistono e si giocano in competizioni internazionali.
E dove Infantino certamente ne fa una questione principalmente economica (immagino che sia la FIFA stessa a incamerare e a ridistribuire il denaro pagato dalle emittenti televisive), noi qui ne vogliamo fare una questione di etica. Perché è sicuramente gratificante per le calciatrici festeggiare una notte con il Camp Nou o Wembley pieno di pubblico, ma sarebbe ancora più gratificante sapere che quelle notti non sono l’equivalente della Vigilia di Natale in cui si spacchettano i regali e si va a letto tardi un po’ brilli e poi è tutto finito fino all’anno dopo. Del resto abbiamo dei dati molto precisi che ci dicono che l’ultima finale del Mondiale Francia19 è stata seguita da circa 1.12 miliardi di persone (e qui un report FIFA che tiene conto dei numeri per nazione), che mi sembra un numero abbastanza grande per dare credibilità ad un torneo internazionale di calcio femminile. E mi sembra anche un numero abbastanza grande per dare fiducia ad un investimento di denaro in vista di Australia e Nuova Zelanda 2023 (ma come lo abbreviamo ‘sto Mondiale?) che con grande probabilità non si rivelerà un investimento fallimentare. Fra l’altro basterebbero i dati numerici di tutte le finali di tutti i più grandi eventi calcistici a partire dal 2019 per togliere il calcio f. dalla solita e scomoda posizione di difendere se stesso.
Ma c’è anche un altro elemento che secondo me si evince da questo inconveniente. Infatti mi sorprende che a fare un’offerta così bassa da essere respinta siano state nazioni come l’Inghilterra e la Germania, che la finale l’hanno giocata (mentre non mi sorprende per niente l’offerta irrisoria proposta dall’Italia) e che sono state le Nazionali ad avere avuto un pubblico organizzato e fedele sia sugli spalti che attraverso i canali televisivi. Se persino questi baluardi in Europa di pubblico e di welfare si rivelano disposti alla spilorceria quando si tratta di calcio f., chi altri potrà fare da esempio? Eppure l’Inghilterra con i suoi begli spot sui magazine inglesi prima di EURO22 e i pantaloncini non bianchi per le squadre femminili ci aveva abituati bene. Dobbiamo pensare di togliere anche dal petto inglese la medaglietta di Paese Avanguardista del Calcio Femminile? Se le cose stanno così, quali altre certezze ci restano?
Dal dopo Francia19 si sente spesso dire che il calcio femminile merita gli stessi diritti di quello maschile, e così le atlete, le manager, le giornaliste, le mediche, le televisioni, gli sponsor. Ci piace pensare che sia davvero così, a tratti ci fa persino mettere l’animo in pace che le cose stanno cambiando. Ma è un nostro bisogno, siamo noi che sul calcio non abbiamo nessun influsso che porti ad un cambiamento, ad avere mortalmente bisogno di sperare che le cose cambiano e cambieranno molto in fretta. Eppure questa storia dei soldi e delle televisioni ci mostra ancora una volta il contrario. Ci dice che in merito al (calcio) femminile la memoria è corta e che il più delle volte dietro alle belle parole ci stanno dei fatti che, almeno in prima battuta, restano ancora piuttosto offensivi.
Articoli e cose belle da recuperare
Alexia Putellas ha vinto il Pallone d’Oro per la seconda volta. Forse però questa volta se lo meritava Beth Mead (The Guardian)
A proposito: chi è Alexia Putellas? (l’Ultimo Uomo)
Cara Sara di sette anni, ti scrivo per farti sapere che un giorno diventerai qualcuno che non avresti mai creduto di poter essere (The Players Tribune)
“Fino alla fine” nello sport è pura retorica? NON LO É (questo è un video su YouTube)
E così adesso maschi contro femmine anche in FIFA23 (The Athletic)
Hey! É uscita una nuova puntata di GOLEADORA bella zeppa di Golemica (Spotify)
Visto sui social
Wendie Renard salta altissimo e un po’ di immagini da Juve-Lyon (Insta)
Pavese ci ricorda che perdere una partita di tanto in tanto non è poi questa grande tragedia (Insta)
Gotta learn some style from the WNBA (Insta)
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